🎭 Prove digitali alterate: come riconoscerle, come smontarle in tribunale
- yurilucarini
- 18 mag
- Tempo di lettura: 4 min
la verità digitale è fragile
Viviamo nell’epoca delle app, delle chat e dei documenti elettronici. Ogni giorno, nei tribunali italiani, le prove digitali rappresentano il cuore di molti procedimenti penali e civili. Ma cosa succede quando quella prova... è falsa?
Alterare una conversazione WhatsApp, modificare un file audio, clonare un profilo social o manipolare i metadati di un documento non richiede più competenze da hacker. Bastano app gratuite o estensioni del browser, spesso progettate per “scherzare”. Ma in un’aula di giustizia, non c’è nulla di divertente in una prova manipolata. ⚖️
🔍 Il falso digitale: un fenomeno sempre più diffuso
Nel 2024, uno studio del CERT-AgID ha segnalato un incremento del 34% dei casi legali in cui sono state presentate prove digitali alterate o non verificabili, con un picco nei procedimenti civili di separazione e in quelli penali per stalking e diffamazione.
Le principali tipologie di falsi digitali sono:
Messaggi creati o modificati tramite app fake (es. Fake Chat, Yazzy)
Screenshot manipolati con software grafici (Photoshop, GIMP)
Registrazioni audio ritoccate o montate (Audacity, Voicemod)
Falsificazione di metadati (date di creazione, GPS, ecc.)
Alterazioni di log di sistema o email
🧪 Caso reale (anonimizzato): la chat di WhatsApp “costruita ad arte”
In un procedimento penale per minacce gravi, la parte offesa ha presentato una serie di screenshot WhatsApp in cui l’imputato sembrava aver scritto frasi pesantemente offensive e intimidatorie.
L’informatico forense incaricato dalla difesa ha però richiesto:
l’acquisizione forense del dispositivo originale
la verifica della cronologia dei backup
l’analisi delle intestazioni dei file
È emerso che la chat non esisteva nel backup originale e che le immagini erano state modificate con un’app per generare conversazioni false.
📌 Esito: l’imputato è stato assolto. La controparte denunciata per calunnia.
📜 Cosa dice la legge italiana?
Nel nostro ordinamento, la prova digitale deve rispondere agli stessi principi della prova tradizionale:
Autenticità
Integrità
Non ripudiabilità
Ripetibilità
L’art. 234 c.p.p. consente l’acquisizione di “documenti”, inclusi quelli informatici, ma solo se attendibili.L’art. 191 c.p.p. stabilisce che le prove acquisite in violazione dei diritti fondamentali sono inutilizzabili.
Inoltre, l’art. 616 c.p. punisce la falsificazione di comunicazioni o la loro alterazione. Se la prova è frutto di un falso, può scattare la denuncia per calunnia, falso ideologico, intralcio alla giustizia.
🧭 Le tecniche per smontare un falso digitale
Un consulente tecnico forense può individuare un falso digitale tramite:
Analisi dei metadati
– Data creazione, modifica, autore, GPS… Tutto è tracciabile.
– Se una chat è datata “2023”, ma il sistema operativo è stato installato nel 2024, qualcosa non torna.
Hash di confronto
– I file originali hanno un'impronta unica.
– Se un file modificato viene confrontato con quello originale (se presente), la differenza è oggettiva.
Analisi dell’ambiente
– Screenshot? Si verifica la risoluzione del dispositivo.
– Se un iPhone genera uno screenshot con dimensioni Android, c’è un’anomalia.
Verifica dei log e delle app installate
– È stata installata un’app per creare finte chat? È un campanello d’allarme.
Esame incrociato dei backup
– I backup iCloud o Google Drive possono fornire dati originali non manipolati.
🧠 Caso reale (anonimizzato): l’audio “tagliato”
In un processo per violenza privata, l’accusa ha depositato una registrazione audio in cui la vittima veniva apparentemente minacciata. La difesa ha nominato un tecnico per l’analisi del file.
L’audio era in formato MP3, senza metadati e con evidenti interruzioni di waveform. Il perito ha dimostrato che l’audio era stato montato e ritagliato da più fonti.Il giudice, sentiti i consulenti, ha disposto l’esclusione del file come prova e ha ordinato nuove indagini.
💼 L’avvocato e l’informatico forense: strategia vincente
Per evitare che una prova falsa arrivi a pesare in un procedimento, è fondamentale agire in modo tempestivo:
Richiedere l’acquisizione forense dei dati (non una semplice stampa o screenshot)
Contestare l’integrità o la provenienza della prova, se vi sono dubbi
Chiedere una perizia di parte o un incidente probatorio
👨⚖️ Il giudice deve essere messo in condizione di comprendere le criticità tecniche, non è un esperto informatico.
🛡️ Strumenti per la verifica delle prove
Tra i software professionali più usati per l’analisi di falsi digitali troviamo:
Amped Authenticate: per l’analisi delle immagini
Cellebrite UFED: per estrazioni e confronti di dati mobile
Magnet AXIOM: per la verifica di cronologie, timeline e strutture file
Adobe Audition / Izotope RX: per la verifica della continuità audio
ExifTool: per estrarre e confrontare metadati
Tutti questi strumenti, però, richiedono competenza specifica. Non bastano le “intuizioni” o il fiuto: serve metodo e rigore scientifico.
🔧 Consigli pratici per gli avvocati
Non fidarti mai di uno screenshot senza il dispositivo originale.
Chiedi sempre copia forense se la prova è un file audio, chat o documento.
Controlla se il file è accompagnato da:
report tecnico
hash di validazione
catena di custodia
Se c’è anche solo un dubbio, chiedi una verifica forense.
Ricorda: una prova falsa può diventare un boomerang devastante per chi la presenta.
📌 Conclusione: verità processuale e tecnica devono camminare insieme
Il rischio più grande oggi non è l’assenza di prove, ma la presenza di prove inaffidabili. In un mondo in cui tutto è digitale, il confine tra vero e falso è sempre più sottile.Solo un approccio tecnico, professionale e tempestivo può evitare errori giudiziari o processi fondati su elementi costruiti ad arte.
👁🗨 L’avvocato, il giudice e il consulente devono collaborare per un unico obiettivo: la verità. Quella autentica, non quella simulata da un’app.
Yuri Lucarini Informatico Forense - Criminologo

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